Think Adhesive Journal

L’importanza dei materiali per un’odontoiatria conservativa più performante.

Dott. Enzo Attanasio

Restare al passo con i tempi è una prerogativa fondamentale per l’odontoiatra che vuole offrire trattamenti di qualità ai propri pazienti e godersi il frutto del proprio lavoro quotidiano in tranquillità.

In un momento storico come quello che stiamo vivendo, con il fiorire delle cliniche low cost ed il sempre attivo turismo odontoiatrico, scegliere le tecniche ed i materiali giusti per poter mantenere alto il proprio standard qualitativo, mantenendo contenuti i costi e riducendo i tempi di lavoro, risulta essere, ormai, fondamentale in ogni branca dell’odontoiatria.

L’introduzione degli adesivi universali

Il mercato, oggi, ci offre materiali estremamente performanti, esteticamente validissimi e con ottime capacità fisiche e meccaniche.

In questo senso l’odontoiatria conservativa adesiva ha fatto passi da gigante nell’ultimo decennio. L’introduzione degli adesivi Universali, ad esempio, ha permesso di abbassare drasticamente le difficoltà intraoperatorie della fase adesiva, rendendo tale pratica non più operatore dipendente.

Tale classe di adesivi ha quasi del tutto scongiurato la sensibilità post operatoria, spettro ormai di una conservativa legata al passato.

Mordenzanti

La mordenzatura selettiva dello smalto riduce il rischio di over etching a livello dentinale.

L’adesione in dentina è demandata ad una specifica molecola a base di 10 – metacrilossi decil didrogeno fosfato (10MDP), composta da due gruppi funzionali, uno fosforico ed uno metacrilico, separati da uno spacer group di 10 atomi di carbonio.

Il gruppo funzionale metacrilico è in grado di legarsi ad altri monomeri metacrilici (compositi). Il gruppo funzionale fosforico, attivo nei confronti dei tessuti dentali, cedendo ioni idrogeno si carica negativamente: ciò conferisce all’adesivo una debole acidità (classificati Mild).

Tale carica negativa richiama gli ioni calcio (Ca2+) liberi a livello dentinale instaurando, tra adesivo e substrato, legami di tipo covalente (i più forti esistenti in natura). Il sale di calcio e fosfato 10MDPCa è capace di generare un legame particolarmente valido in termini di forza adesiva ma soprattutto stabile nel tempo verso i fenomeni degradativi: ciò si traduce in longevità del legame adesivo stabilito.

Affinchè tale reazione avvenga è necessario un brushing attivo dell’adesivo per almeno 40 secondi sulla dentina. Ciò fa sì che, degradandosi lo smear layer superficiale, il 10 MDP possa interagire con i cristalli di idrossiapatite, creando il sale di calcio poc’anzi descritto. 

Questi sali si organizzano in dimeri, formando un’ultrastruttura denominata self-assembled nano-layering, che conferisce al legame adesivo quelle peculiari caratteristiche meccaniche e fisiche che rendono duraturo nel tempo il legame adesivo prodotto.

In un momento storico come quello che stiamo vivendo, scegliere le tecniche ed i materiali giusti per poter mantenere alto il proprio standard qualitativo risulta essere, ormai, fondamentale in ogni branca dell’odontoiatria.

Materiali compositi: una rivoluzione in atto

Anche i materiali compositi hanno subito una rivoluzione importantissima. Il continuo miglioramento dei nanoriempitivi con nuove tecnologie di filler e l’introduzione di moderne matrici organiche come quelle a base di TCD-uretano (prive di bisfenolo) offrono la possibilità di modellare con molta più semplicità i compositi, rivoluzionando i concetti di stratificazione obliqua, in favore di una stratificazione semplificata, orizzontale.

I tempi di lavorazione sotto la luce del riunito aumentati, la possibilità di creare strati più spessi e la grande lucidabilità di questi materiali è garanzia di velocità di esecuzione e successo a lungo termine dei restauri.

Con questa classe di compositi si riduce notevolmente lo stress da contrazione. La differenza, chiaramente, è notevole in caso di cavità con C-factor sfavorevole, laddove una stratificazione orizzontale non sarebbe consigliabile a causa dei distacchi adesivi e conseguenti gap marginali che ne deriverebbero. Avere a disposizione materiali che mostrano una contrazione post polimerizzazione minima, offre la possibilità di stratificare orizzontalmente, disegnando, ad esempio, l’intero tavolato occlusale in un unico step.

L’introduzione e la forte diffusione dei compositi bulk, che permettono di apportare strati spessi fino a 6 mm, è l’esempio lampante di come queste nuove tecnologie stiano rivoluzionando la conservativa moderna.

Dr. Enzo Attanasio

Caso Clinico

Semplificare i restauri grazie a materiali performanti

Il caso

Nel caso clinico descritto, affrontiamo una situazione nettamente sfavorevole in termini di C-factor: una prima classe profonda circa 4 mm.

Con i compositi tradizionali sarebbe stato necessario, una volta eliminato il tessuto rammollito ed effettuate le manovre adesive, stratificare diverse apposizioni di composito. Vogliamo, al contrario, dimostrare, come l’utilizzo di materiali molto performanti ed a bassa contrazione, come il Bulk fill universal ed il Venus Pearl della Kulzer, unitamente ad una tecnica di stratificazione semplificata “a stampo”, offra all’odontoiatra la possibilità di risolvere un caso non complesso, ma indaginoso, in maniera più semplice e veloce, mantenendo assolutamente elevato lo standard qualitativo proposto al paziente.

All’osservazione clinica del caso si evidenziava una lesione cavitata occlusale del 3.7, confermata ad esame radiografico bite wing. Si decideva per un approccio di restaurativa diretta e, valutando l’integrità del tavolato occlusale dell’elemento, si prevedeva di utilizzare la stamp technique, per copiare e riprodurre l’anatomia occlusale, rilevando con diga liquida, un’impronta di quest’ultima.

Tale metodica permette di ottenere un negativo del tavolato occlusale che fungerà da stampo personalizzato per poterlo riprodurre in maniera identica, infine, in composito.

Una volta isolato il campo con diga di gomma, strofiniamo del sapone liquido sul tavolato occlusale dell’elemento da trattare, così da evitare che la diga liquida possa aderire con troppa tenacia al substrato dentale. Iniettiamo, dunque, la diga liquida nei solchi e polimerizziamo per 10 secondi. Adagiamo, dunque, un microbrush al centro del tavolato occlusale e ricopriamo lo stantuffo ed una piccola porzione del manico, con altra diga liquida, avendo cura di ricoprire anche le cuspidi, che ci daranno un indice di riposizionamento favorevole. Polimerizziamo per 20 secondi e stacchiamo agevolmente il nostro stampo, che metteremo da parte.

Dr. Enzo Attanasio

Dopo aver eliminato il tessuto cariato con frese diamantate a grana grossa, rifinito i margini con frese a grana media e fine e deterso la cavità sabbiando delicatamente o con glicina, effettuiamo le manovre adesive mordenzando selettivamente lo smalto con acido ortofosforico al 37% per 30 secondi. Stendiamo l’adesivo universale i-Bond universal della Kulzer con un brushing attivo per 40 secondi su dentina e smalto e polimerizziamo con una lampada da 1200 mW, per 40 secondi.
Riempiamo i primi 2,5 mm di cavità con il Bulk fill flow della Kulzer e polimerizziamo per 20 secondi. Riempiamo il resto della cavità con una massa A2 di composito Venus Pearl e lo adattiamo approssimativamente, con un compattatore cilindrico, al fondo ed ai margini della cavità.

A questo punto prendiamo lo stampo che avevamo messo da parte, ne inumidiamo la superficie interna con dell’adesivo (i-bond) e lo riposizioniamo, aiutandoci con una pinzetta, sulla superficie occlusale del dente, guidati dalle cuspidi rimaste integre.

Rimosso lo stampo basterà rifinire i margini, eliminando il composito in eccesso ed accentuare, se necessario, i solchi e le creste con uno strumento a punta e polimerizzare per 20 secondi (in questo caso sono stati messi degli stain brown, chiaramente non necessari!).

L’ultima polimerizzazione viene eseguita sotto glicerina per scongiurare l’inibizione della polimerizzazione superficiale da ossigeno. Rimossa la diga, se le operazioni sono state eseguite in maniera corretta, non sarà necessario ritoccare l’occlusione. Grazie alla grande lucidabilità di questo composito, le fasi di polishing risulteranno velocissime. Con questa tecnica e sfruttando i materiali giusti, è possibile ottenere restauri semplici, veloci e molto duraturi.

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