Think Adhesive Journal

Endodonzia 2.0: Storia e caratteristiche dei moderni cementi bioceramici

Dott. Simona Bonati

Tra i cementi bioceramici esiste una categoria in grado di interagire con i tessuti periradicolari inducendo la formazione di idrossiapatite.
Lo sapevi? Approfondiamo insieme l’argomento!

Da qualche anno i materiali bioceramici costituiscono una realtà di interesse clinico rilevante in quanto risultano essere biocompatibili e bioattivi, capacità dimostrate da numerosi studi clinici e di laboratorio. Le evidenze scientifiche mostrano come questi materiali, oltre ad essere ben tollerati da parte dei tessuti periapicali e non, presentano anche attività antibatterica ed un efficace sigillo e adesione alle pareti canalari.

Nella macrocategoria dei cementi bioceramici sono compresi allumina, zirconia, idrossiapatite, silicato di calcio, biovetri, vetro-ceramiche e possono essere classificati in base all’interazione che hanno con i tessuti circostanti come bioceramiche inerti (es: zirconia e allumina) e bioceramiche bioattive (es: silicato di calcio).

L’avvento nei primi anni ‘90 dei cementi endodontici bioattivi ha creato un’alternativa terapeutica laddove l’otturazione canalare standard con guttaperca risultava clinicamente complicata dalla presenza di umidità o da alterazione anatomiche quali ad esempio riassorbimenti apicali o apici beanti.

Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo velocemente la storia dei cementi bioceramici, dalla loro scoperta ad oggi.

La storia dei ceramici

Il seguente caso clinico illustra una delle due situazioni riportate sopra

Il primo cemento bioattivo è nato da un’idea di Torabinejad e coll. che modificando un cemento di Portland da edilizia diede origine all’MTA (Mineral Trioxide Aggregate), un cemento che induriva molto lentamente, anche in presenza di umidità.

L’MTA era composto da una polvere costituita da particelle idrofile di silicato tricalcico, alluminato tricalcico, ossido tricalcico e ossido di silicio. Contiene anche piccole quantità di altri ossidi minerali che modificano le sue proprietà fisiche e chimiche tra cui la polvere di bismuto che rende questo aggregato anche radiopaco.
Il materiale ha una bassa solubilità, una radiopacità poco maggiore rispetto a quella della dentina e idratato solidifica in circa 3 ore ma, per la sua bassa resistenza alla compressione, non deve essere utilizzato in aree funzionali.

Presenta un ph di 12,5, motivo di alcune sue proprietà antimicrobiche e presenta una grande efficacia nel ridurre la penetrazione dei microrganismi. Oltre a ciò è biocompatibile e bioinduttivo.
Queste sono le caratteristiche che ha identificato l’MTA come un materiale che permetteva al clinico di migliorare la prognosi di denti compromessi e garantire il successo terapeutico nel trattamento di aree critiche grazie alla sua biocompatibilità, all’affinità con l’ambiente umido, al suo effetto antibatterico e alla sua rigenerazione tissutale periradicolare promossa dalle proprietà intrinseche del materiale.

Nonostante le sue ottime qualità l’MTA presentava anche alcuni svantaggi quali:

  • un setting time molto lungo (più di 3 h), che quindi richiedeva sedute operative multiple;
  • una capacità limitata in presenza di ph basso;
  • una difficile maneggevolezza;
  • la discolorazione dei tessuti duri dentali.

Negli anni successivi tutte le grandi case produttrici hanno immesso sul mercato qualche derivato del Portland per ovviare a queste caratteristiche negative.

Fino ad arrivare al 2010, che con la prima Review della letteratura al riguardo sono emersi dei dati concreti su biocompatibilità, proprietà antibatteriche, chimiche e fisiche, sull’infiltrazione marginale e sulle indicazioni terapeutiche di tutti i cementi Portland modificati presenti sul mercato.

Dr. Franco Ongaro 
Chiusura di una perforazione camerale con bioceramici.

I cementi bioceramici

Torabinejad e coll. nel 2017 hanno cercato di classificare i cementi bioceramici presenti sul mercato e di fornire informazioni precise sullo stato dell’arte per quanto riguarda le loro indicazioni cliniche alla luce dell’evidenza scientifica.

I cementi bioceramici trovano utilizzo in diverse situazioni cliniche che spaziano dall’incappucciamento pulpare, al management di difetti periapicali e di apici beanti, al trattamento di perforazioni camerali o radicolari, al recupero di elementi dentali che presentano riassorbimenti interni ed esterni soprattutto invasivi cervicali, e al riempimento retrogrado in chirurgia endodontica.

I vantaggi e gli svantaggi dei cementi bioceramici

I cementi biomeceramici si sono dimostrati vantaggiosi in diversi termini e situazioni quali:

 

  • sono biattivi e biocompatibili;
  • formano un’interfaccia di cristalli di idrossiapatite seminucleati tra la parete dentinale e il materiale da otturazione;
  • hanno caratteristiche elettroconduttive; 
  • hanno proprietà antimicrobiche;
  • rilasciano ioni di calcio; 
  • resistono alle microinfiltrazioni.

Tuttavia dall’utilizzo e dallo studio dei cementi bioceramici sono emersi anche alcuni svantaggi, quali:

  • presenza di discromie coronali o oltre apice;
  • difficoltà a risondare i canali se vengono otturati senza cono di guttaperca;
  • tendenza all’overfilling specie negli apici ampi.

Cementi bioceramici: caratteristiche principali

I cementi bioceramici si presentano in diverse consistenze con un diverso grado di fluidità: dalla forma putty alla pasta fino al cemento endodontico, che soddisfano le esigenze del professionista nell’affrontare le svariate situazioni cliniche.

Le bioceramiche endodontiche non risentono dell’umidità e della contaminazione del sangue. Se durante l’indurimento vengono a contatto con i fluidi tissutali l’idrossido di calcio presente nel materiale reagisce con gli enzimi fosfatasi con la conseguente formazione di idrossiapatite (proprietà tissoinduttiva). Inoltre tendono ad essere stabili dimensionalmente e mano a mano che induriscono si espandono adattandosi al sigillo contro le pareti canalari.

Questi nuovi materiali presentano un’ottima maneggevolezza e un’adeguata radiopacità utile nel controllo radiografico postoperatorio e a lungo termine.

Dr. Franco Ongaro 
Guarigione di un importante riassorbimento apicale grazie all’utilizzo di cementi bioceramici.

Dal punto di vista tecnico, le bioceramiche per otturazione canalare sono meno compatibili con le tecniche di otturazione a caldo per cui si utilizzano tramite iniezione con lentulo oppure con siringa, con o senza cono di guttaperca, che se presente può essere leggermente riscaldato.

Grazie al loro indurimento più veloce rispetto al predecessore MTA, il loro utilizzo è indicato nella chiusura di perforazioni vicino al solco gengivale anche se al contempo presentano una radiopacità minore rispetto alla formulazione originale.

Conclusione

Concludendo, l’utilizzo dei cementi bioceramici è da interpretarsi come una possibile e buona alternativa ad altri sistemi di otturazione canalare che dobbiamo conoscere per affrontare la gestione di casi complessi.

Tutt’oggi i cementi bioceramici sono utilizzati con ottimi risultati clinici e avallati da molti lavori scientifici. I nuovi bioceramici sono indicati dalla recente ricerca clinica come il futuro dell’otturazione canalare ma altresì necessitano di ulteriori approfondimenti in quanto non sono presenti in letteratura studi a lungo termine in vivo e in vitro.

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